DONNA REGINA – DONNALBINA – DONNA ROMITA

A Via Mezzocannone sembra vaghino ancora i fantasmi di tre sorelle di cui conosciamo bene il nome ma non tutti conoscono la loro triste storia 

Via Mezzocannone

VIA MEZZOCANNONE

Donn’Albina, Donna Romita e Donna Regina, erano le figlie del Barone Toraldo, nobile del Sedile del Nilo.
La leggenda narra che alla morte precoce della loro madre, Donna Gaetana Scauro, il barone ottenne la possibilità dal re Roberto d’Angiò che la figlia maggiore, Donna Regina, potesse sposarsi conservando così il nome di famiglia che altrimenti sarebbe andato perduto. Il barone nel 1320 morì lasciando sole le tre figlie.
Donna Regina aveva 19 anni ed era di straordinaria bellezza: capelli lunghi e bruni come gli occhi, bellissime labbra anche se poco inclini al sorriso, ed una personalità inflessibile con un forte senso del dovere. Era lei la capofamiglia, la “conservatrice” del “nobil sangue” e dell’onore.


Donn’Albina, la secondogenita, veniva chiamata così per la bianchezza del suo bel volto. Era una fanciulla amabile, sempre gentile e sorridente, con i capelli biondi e gli occhi azzurri. Era lei che si occupava della distribuzione delle elemosine ai poveri, e che portava alla sorella maggiore le suppliche di chiunque chiedesse una grazia o un aiuto.
Donna Romita, la minore, era una fanciulla sempre irrequieta con un carattere che mutava spesso, dalla più ardente vivacità alla totale indifferenza. Si isolava soprattutto quando le capitava di pensare a sua madre, cui avevano detto che rassomigliasse. La fanciulla era esile con capelli biondo scuro corti e ricci, il viso scuro, gli occhi verde smeraldo e le labbra sottili.
Nel palazzo in cui vivevano le tre sorelle, tutto scorreva tranquillo nel rispetto delle regole, fino a quando il re Roberto d’Angiò scrisse a Donna Regina per comunicare di averle destinato in sposo don Filippo Capece, cavaliere della corte napoletana.
Un giorno, mentre Donna Regina teneva in mano un libro di preghiere senza però leggerlo, le si avvicinò supplichevole Donn’Albina per parlarle della sua preoccupazione per la sorella minore. «Donna Romita mi pare ammalata – le confidò -. Soffre e si strugge segretamente d’amore». Scandalizzata, Donna Regina obbligò la sorella a dirle il nome dell’uomo e seppe che si trattava proprio del suo promesso sposo: don Filippo. «Ella lo ama – continuò Albina -. Chi non l’amerebbe? Non è egli valoroso, galante con le donne, seducente nell’aspetto? Quando egli mormora una parola d’amore, il cuore della
fanciulla deve struggersi in una dolcissima felicità; quando il suo labbro sfiora la fronte della fanciulla, può ella invidiare la gioia degli angeli?».
Dopo queste parole, Regina capì che non solo Donna Romita ma anche Donn’Albina ne era innamorata.
Disperata, Romita pregò davanti la Madonna Bruna (raffigurata nella Chiesa di Santa Maria del Carmine) affinché potesse dimenticare il suo amore: «Madonna Santa, toglimi questo amore! Strappami il cuore, fammi morire!». Ad un tratto, dal pesante silenzio un pianto interruppe le sue invocazioni, e accorgendosi che si trattava di sua sorella Albina, Romita fuggì invasa dalla vergogna lasciando sola la sorella con il suo triste dolore per il suo stesso amore. Dopo lungo tempo che le tre sorelle non si vedevano, perché l’una sfuggente all’altra, arrivò la Pasqua e le due sorelle minori si presentarono a Regina per implorare il suo perdono, e chiedere di potersi avviare verso la vita monacale. Dopo averle ascoltate, Regina comunicò loro che ormai da tempo, resasi conto che Filippo Capece non l’amava, aveva deciso anche lei di prendere il velo in un convento da lei fondato. E così, dopo aver ricevuto e donato un bacio alle sorelle, si alzò, prese uno scettro d’ebano borchiato d’oro, lo spezzò in due parti e, rivolgendosi all’ ultimo ritratto del barone Toraldo disse: «Salute, padre mio, la vostra nobile casa è morta».
Così il desiderio del padre, non fu mai esaudito.
Il loro nobile nome scomparì lì dove morì l’amore.
Ancora oggi si crede che le anime delle tre nobildonne vaghino in cerca del perdono, dell’amore perduto e della pace tra le antiche vie di Mezzocannone.
In omaggio a questa storia d’amore molto triste, troviamo a Napoli tre luoghi con i nomi
delle tre sorelle: Via Donnalbina in prossimità di Piazza Matteotti, Via Donnaromita e Largo Donnaregina adiacenti al Duomo.

 

 

 

 

 

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Fonte immagini: Internet

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