SAN GENNARO: LA STORIA DEL PATRONO DI NAPOLI
San Gennaro, è famoso in tutto il modo per il prodigio della liquefazione del suo sangue…ma prima di parlare di questo prodigio, conosciamo insieme la storia di questo santo patrono di Napoli!
San Gennaro, nacque a Benevento nel 272 da genitori poveri, ancora bambino rimase orfano di madre. Il padre si risposò ma a causa della povertà, mandò il giovane figlio a fare il guardiano di porci.
Un giorno, Gennaro incontrò un eremita di un villaggio lì vicino, diventarono amici, ogni giorno si recava da lui per essere istruito, fino a che l’eremita chiese a Gennaro di seguilo e lui lo fece.
A questo punto della vita, non troviamo informazioni sul Santo, si ricominciò ad avere notizie di lui, quando divenne vescovo di Benevento dove svolse il suo apostolato.
Gennaro, era molto amato dalla comunità cristiana, ma anche molto rispettato dai pagani per le sue opere di carità verso tutti senza alcuna distinzione. L’imperatore Diocleziano, sotto la pressione di Cesare Galerio firmò tre editti contro i cristiani, provocando una delle più feroci persecuzioni che colpì la chiesa, i suoi membri e perfino i suoi averi, venne impedito di aiutare i poveri, cosi anche da spezzare il favore del popolo.
Gennaro era amico di Sosso, che guidava la comunità cristiana di Miseno, egli venne arrestato dal giudice Dragonio per aver svolto delle funzioni religiose, nonostante i divieti.
In quel periodo, Gennaro accompagnato dal diacono Festo e dal lettore Desiderio, si trovarono a Pozzuoli in incognito, saputo
dell’arresto di Sosso, decise di recarsi insieme ai suoi due compagni Festo e Desiderio in carcere per portargli il suo conforto. Il giudice Dragonio venne informato della sua presenza e intromissione, e decise di arrestare anche loro tre.
Vennero condannati tutti a morte nell’anfiteatro (tutt’ora ancora esistente), per essere sbranati dagli orsi in un pubblico spettacolo.
Durante i preparativi, il proconsole Dragonio si accorse che il popolo mostrava simpatia verso i prigionieri, e quindi prevedendo disordini, cambiò decisione, e il 19 Settembre del 305 fece decapitare i prigionieri cristiani nel Foro di Vulcano, nei pressi della solfatara di Pozzuoli.
Negli Atti Vaticani, si narrano molti episodi mistici, tra il più conosciuto si racconta di Gennaro e dei suoi compagni che si recarono a Nola, dove incontrarono il perfido giudice Timoteo.
Timoteo, era stato in precedenza guarito da Gennaro, ma non mostrò nessuna gratitudine nei confronti del Santo, anzi avendo sorpreso Gennaro mentre faceva proselitismo, lo avrebbe imprigionato e torturato. Poiché le tremende torture inflittagli non sortivano effetto, lo avrebbe infine gettato in una fornace ardente;
Una volta riaperta la fornace, non solo Gennaro vi uscì illeso ma anche le sue vesti non vennero minimamente intaccate dal fuoco, ma le fiamme investirono i pagani venuti ad assistere al supplizio. ma lo fece condurre all’anfiteatro di Pozzuoli affinché fosse sbranato.
Durante il cammino, verso il luogo dell’esecuzione, situato presso la
Solfatara, un mendicante chiese a Gennaro un lembo della sua veste, da conservare come reliquia. Gennaro rispose che, una volta eseguita la sentenza, avrebbe potuto prendere il fazzoletto con cui sarebbe stato bendato. La leggenda racconta che, mentre il carnefice si preparava a infliggergli il colpo mortale, Gennaro si fosse portato un dito alla gola per sistemarsi il fazzoletto. In quell’istante il carnefice calò la scure, recidendo anche il dito. Quella notte, Gennaro apparve in sogno a colui che era incaricato di portare via il corpo, invitandolo a raccogliere anche il dito.
Una volta morto, una donna di nome Eusebia riuscì a raccogliere in due ampolle (i cosiddetti lacrimatoi) parte del sangue del vescovo Gennaro, e conservarlo con molta venerazione. I cristiani di Pozzuoli, nottetempo seppellirono i corpi dei martiri nell’agro Marciano presso la Solfatara.
Oltre un secolo dopo, il 13 Aprile 431 si trasportarono le reliquie di S. Gennaro da Pozzuoli nelle catacombe di Capodimonte a Napoli, dette poi “Catacombe di S. Gennaro”, per volontà dal vescovo di Napoli, S. Giovanni I e sistemate vicino a quelle di S. Agrippino vescovo (allora patrono di Napoli).
Durante il trasporto delle reliquie di S. Gennaro a Napoli, una donna alla quale Eusabia aveva consegnato le reliquie prima di morire, consegnò al vescovo le due ampolline contenenti il sangue del martire.
Il culto per San Gennaro si diffuse fortemente con il trascorrere del tempo, per cui fu necessario l’ampliamento della catacomba, molti cristiani volevano essere seppelliti accanto a lui già in quel secolo il martire Gennaro era considerato ‘Santo’. La tomba divenne meta di continui pellegrinaggi per i grandi prodigi che gli venivano
attribuiti;
Nel 472 ad esempio, in occasione di una violenta eruzione del Vesuvio, i napoletani accorsero in massa nella catacomba per chiedere la sua intercessione, iniziando così l’abitudine ad invocarlo nei terremoti e nelle eruzioni, e mentre aumentava il culto per S. Gennaro, diminuiva man mano quello per S. Agrippino vescovo, fino allora patrono della città di Napoli.
Nel 472 San Gennaro divenne patrono di Napoli.
Durante un’altra eruzione nel 512, fu lo stesso vescovo di Napoli, Stefano I, ad iniziare le preghiere propiziatorie; dopo fece costruire in suo onore, accanto alla basilica costantiniana di S. Restituta (prima cattedrale di Napoli), una chiesa detta Stefania, sulla quale verso la fine del secolo XIII, venne eretto il Duomo, riponendo nella cripta il cranio e la teca con le ampolle del sangue.
Questa provvidenziale decisione, preservò le suddette reliquie, dal furto operato dal longobardo Sicone, che durante l’assedio di Napoli dell’831, penetrò nelle catacombe, allora fuori della cinta muraria della città, asportando le altre ossa del santo che furono portate a Benevento, sede del ducato longobardo.
Le ossa restarono in questa città fino al 1156, quando vennero traslate nel Santuario di Montevergine (AV), dove rimasero per tre secoli, addirittura se ne persero le tracce, finché durante alcuni scavi effettuati nel 1480, casualmente furono ritrovate sotto l’altare maggiore, insieme a quelle di altri santi, ma ben individuate da una lamina di piombo con il nome. Il 13 Gennaio 1492, dopo interminabili discussioni e trattative con i monaci dell’abbazia
verginiana, le ossa furono riportate a Napoli nel succorpo del Duomo ed unite al capo ed alle ampolle. Intanto le ossa del cranio, erano state sistemate in un preziosissimo busto d’argento, opera di tre orafi provenzali, dono di Carlo II d’Angiò nel 1305, al Duomo di Napoli.
Successivamente nel 1646, il busto d’argento con il cranio e le ormai famose ampolline col sangue, furono poste nella nuova artistica Cappella del Tesoro, ricca di capolavori d’arte d’ogni genere.
San Gennaro, è conosciuto in tutto il mondo, grazie anche ai suoi prodigiosi interventi nel bloccare le calamità naturali, purtroppo ricorrenti che colpivano Napoli, come pestilenze, terremoti e le numerose eruzioni del Vesuvio, ma anche per il famoso prodigio della liquefazione del sangue contenuto nelle antiche ampolle, completamente sigillate e custodite in una nicchia chiusa con porte d’argento, situata dietro l’altare principale, della già menzionata Cappella del Tesoro.
Il Tesoro è oggi custodito in un caveau di una banca, essendo ingente e preziosissimo, quale testimonianza dei doni fatti al santo patrono da sovrani, nobili e quanti altri abbiano ricevuto grazie per sua intercessione, o alla loro persona e famiglia o alla città stessa.
Le chiavi della nicchia, sono conservate dalla Deputazione del Tesoro di S. Gennaro, da secoli composta da nobili e illustri personaggi napoletani con a capo il sindaco della città.
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